Annunci GratuitiForum Gratisphp nuke GratisBlog GratuitoAlbum Gratuito
Per comunicare con Equilibrio Precario e con i suoi lettori,
per iscriverti, proporre, informare, chiedere, rispondere, suggerire, criticare, dire, fare, baciare...
scrivi a precari.trentini@gmail.com


martedì 16 marzo 2010

50 o 60?


A seguito dell'approvazione della Delibera di Giunta sui quadri orari e sul relativo accordo coi sindacati rispetto alla gestione del tempo scuola, si aprirà nelle singole scuole la discussione su come adeguare la nuova normativa alle specifiche esigenze didattiche dei relativi progetti di Istituto: la cosiddetta questione dei 50 o 60 minuti. 

Riducendola ai suoi termini essenziali l'alternativa è tra il modello proposto dall'amministrazione Provinciale, che prevede unità orarie da 50 minuti, e quello adottato a livello nazionale con unità da 60 minuti. 

L'opzione “trentina”, se da un lato rende possibile, a parità di tempo scuola totale, un numero maggiore di unità orarie settimanali che permetterebbe l'ampliamento dell'offerta formativa e la maggior articolazione del quadro orario, dall'altro pone il problema del “recupero”, per gli insegnanti, dei 10 minuti che differenziano l'unità oraria dal tempo di lavoro stabilito dal contratto. Recupero che ammonta, tutto compreso, a circa 110 ore annue. 

L'opzione nazionale, invece, se da un lato elimina il problema del “recupero”, dall'altro costringe a impoverire l'offerta formativa e soprattutto, diminuendo la necessità di organico, produce una perdita immediata di posti di lavoro stimata intorno alle 200 unità (pari a circa la metà dei docenti precari attualmente impiegati in Provincia). 

Le trattative al tavolo sindacale hanno finora assecondato le intenzioni dell'Assessorato e si sono concentrate sulla contrattazione del numero di ore da recuperare effettivamente, spostando l'asticella in funzione della disponibilità reciproca e giungendo in questi giorni ad un compromesso per cui ogni insegnante dovrà recuperare “soltanto” 70 ore, di cui 4 per l'aggiornamento e 66 in “attività con gli studenti”. 

A questo punto la patata bollente passerà nelle mani dei collegi docenti che dovranno deliberare: 50 o 60? 

Nell'assemblea del 12 marzo degli Stati Generali della Scuola Trentina, valutate le proposte sul tavolo e analizzati i pro e i contro delle due ipotesi, si è capito che si tratta di un falso problema o, meglio, di una questione soltanto accidentale: la sostanza sta invece nell'impostazione economicista e aziendalista della riforma, che discende direttamente dalle premesse ideologiche approvate con la delibera dell'11 settembre 2009, che pretende di valutare con cronometro “fordista” l'attività di docenti e studenti ...e che rischia di concretizzarsi a prescindere dalle decisioni dei singoli Collegi dei Docenti. 

Se infatti si opterà per i 60 minuti, la riduzione delle cattedre e il conseguente risparmio per le casse dell'amministrazione saranno inevitabili e immediati. 

Ma anche accogliendo la proposta dell'Assessore dei 50 minuti, si verrà a creare un enorme monte ore a disposizione dei singoli istituti che permetterà di risparmiare tutti i fondi con cui finora sono state retribuite le cosiddette attività accessorie all'insegnamento, dai progetti ai corsi di recupero, ai viaggi d'istruzione. Ma quel che è peggio è che, se non regolato adeguatamente, questo sistema potrebbe causare una analoga contrazione dei posti di lavoro: si pensi ad esempio alla possibilità di utilizzare quelle ore per le supplenze brevi (quanto brevi?) o per le compresenze, o per i corsi di recupero, per le attività funzionali o ancora per il sostegno agli studenti con BES... tutte attività che richiedevano o indirettamente producevano il ricorso alle graduatorie provinciali e d'Istituto. 

Ridurre il personale per avere lo stesso lavoro (ipotesi da 60 minuti) o aumentare la produttività del lavoro a parità di personale (ipotesi dei 50 minuti) sono due varianti dello stesso gioco al risparmio. Questa riforma, nella variante Gelmini da 60 minuti o in quella Dalmaso da 50, è di fatto una ristrutturazione che informa la scuola a una logica puramente aziendale, considerando le famiglie clienti, gli studenti prodotti e il personale risorse umane. Una scuola in cui il taciuto calcolo dei costi e dei ricavi finisce per contare di più delle proclamate buone intenzioni di innalzare la qualità del servizio e di aggiornare la proposta educativa alle mutate esigenze della società contemporanea. 

E tuttavia la scelta si presenterà inevitabile: che fare dunque? 

A noi sembra evidente che l'ipotesi dei 50 minuti sia qualificabile come il male minore, non fosse altro che per la possibilità che offre di arricchire e articolare i quadri orari e conseguentemente di non rinunciare da subito a un numero così elevato di cattedre/posti di lavoro. 

Detto questo, ci sembra fondamentale sollecitare i collegi docenti a far seguire e subordinare il voto dei minuti alla discussione e alla delibera (nei limiti dell'autonomia d'Istituto) delle modalità e dei criteri con cui recuperare le ore. 

Si tratta innanzitutto, fin da subito e con la massima determinazione, di disinnescare tutti quei meccanismi che finirebbero per erodere cattedre/posti di lavoro: dall'orario potenziato alle supplenze brevi, alle compresenze ecc. 

In secondo luogo è necessario abbandonare, con la stessa convinzione, la visione di quel “tempo in più” come un “furto di lavoro” e di cominciare piuttosto a pensare quell'enorme monte ore a disposizione come a una risorsa strategica per le nostre scuole: si tratta di trovare un accordo tra docenti e dirigenti per liberare quel tempo dalle rigide maglie burocratiche delle tabelle da riempire con le ore effettivamente lavorate e metterlo invece a disposizione della ricerca, della formazione, della creatività, dell'approfondimento, della sperimentazione, della solidarietà e di tutto quanto possa permettere ai docenti e agli studenti di migliorare concretamente la loro professionalità e la loro esperienza lavorativa e scolastica. 

Gli Stati Generali della Scuola Trentina 
Trento, 15 marzo 2010

mercoledì 10 marzo 2010

12 marzo ore 9.30 - Stati Generali!


Venerdì 12 marzo 2010
Giornata di sciopero generale


Il sindacato ha legittimamente scelto di aderire alle iniziative nazionali,
ma ciò non toglie la necessità di una mobilitazione locale 
e concretamente ancorata alla questione della scuola,
ormai in vista del completamento della riforma Dalmaso.


Sono convocati
Gli Stati Generali della Scuola Trentina
a Trento, Sala circoscrizionale di S. Giuseppe - S. Chiara
via Perini 2/1 (angolo via Giusti 35)
Ore 9.30





Definiremo la struttura organizzativa degli SGST 
Decideremo se e come proseguire la nostra lotta per una scuola migliore,
indipendentemente dai dettagli della riforma
Faremo il punto della situazione,
Proveremo a capire cosa c'è davvero in gioco con la questione dei 50 o 60 minuti e dei piani orari.

Non mancare:



domenica 7 marzo 2010

il più grande licenziamento della storia

I precari sono 200 mila persone in carne e ossa, docenti e personale tecnico. Hanno 39 anni in media: troppo vecchi per rifondare la propria identità professionale, troppo giovani per arrendersi. Si tratta del maggior licenziamento di massa della storia, enormemente superiore all’affare Alitalia, in prima pagina per settimane.

Riduzioni agghiaccianti: quasi 130 mila posti di lavoro, 82 mila docenti e 45 mila tecnici. C’è chi rileva con pedanteria che il totale non corrisponde a chi non lavorerà, perché una parte verrà assorbita dai pensionamenti. Dobbiamo rallegrarci? La categoria precariato è così fluttuante che non merita nemmeno un inquadramento specifico nei “meno” del saccheggio di diritti costituiti dall’operazioneGelmini-Tremonti. Duecento mila sono solo i supplenti con incarico annuale fino al 30 giugno, cui vanno aggiunti i circa cinquantamila reclutati per periodi brevi. Abile creazione del sistema per mantenere la propria immobile esistenza, prodotto da politica e amministrazione, mercificando vite e consentendo alla scuola costi bassi ma senza garanzie, il precariato ha visto il suo boom con la scolarizzazione di massa.

Tra il 1960 e ’75 il concorso non riuscì soddisfare la domanda di insegnanti e così politiche economiche e amministrative stabili e condivise fecero del precariato un metodo di reclutamento ispirato dall’incapacità di concepire la scuola come luogo di cittadinanza. Non si attuò un’attenta programmazione e non si selezionò il personale in modo adeguato ai compiti richiesti dalla Costituzione: perfino per le materie in sofferenza di organico furono attuati concorsi a distanza di decenni.

Le cause: indisponibilità ad affrontare i problemi di gestione del personale; mutato atteggiamento verso la spesa pubblica in istruzione. In mezzo una giungla di provvedimenti, frutto di consociativismo spinto e di dissennato e traversale disinvestimento su un modello di scuola funzionale a un mondo in continuo cambiamento. Risposte occasionali, provvisorie, “toppe” su situazioni sempre prossime a conflagrare; estemporanee decisioni condizionate da tornate elettorali o da fasi di maggiore rivendicazione da parte di chi – intanto – in una condizione di precarietà economica, lavorativa, esistenziale, mandava avanti parte della scuola italiana.

Uno dei molti possibili esempi di schizofrenia politico-amministrativa è quello dell’istituzione nel 1998 delle Siss – Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario; nel 2000 è bandito un megaconcorso per accesso a cattedra e conseguimento di abilitazione; in parallelo, si dà vita a corsi riservati, rivolti a insegnanti (detti “precari storici”) con almeno 360 giorni di supplenza, ancora per l’abilitazione. Fu così abilitato un numero di insegnanti sproporzionato, che generò peraltro un’incresciosa quanto ovvia tensione tra “storici” e “sissini”.

Il consociativismo ha prodotto sanatorie, stabilizzazioni ope legis, aggiustamenti di graduatorie, corsi abilitanti. In mezzo, donne e uomini per cui, anno dopo anno, la cabala si compiva nei corridoi di qualche provveditorato, in attesa di una chiamata tardiva per chissà dove, ad anno scolastico già iniziato.

E non dimentichiamo gli studenti, di tutte le età, che negli anni, ogni anno, hanno visto sfilare anche 3 o 4 supplenti e per i quali la continuità didattica è stata formula suggestiva, mai praticata. “Non pagheremo noi la vostra crisi” era uno degli efficaci slogan dell’Onda. Invece quella crisi la stiamo pagando tutti. Ma loro più di tutti: studenti precari e precari precarizzati.

da il Fatto Quotidiano del 5 marzo 

giovedì 4 marzo 2010

quale futuro per la scuola? incontro pubblico


RIFORMA
GELMINI/DALMASO:
ED ORA, QUALE FUTURO PER LA SCUOLA?



INCONTRO PUBBLICO

6 marzo 2010, ore 15.30

SALA MAGNETE - Via Stenico Marino, 2

(nei pressi Agenzia delle Entrate - Trento Nord)



Relatori: 


Chiara Acciarini, ex parlamentare


Lucia Coppola, docente, cons. com. Trento


Chiara Vettorazzo, doc. Ist. “L.Battisti” Trento


Giovanni Murgia, doc. “I.C. Trento 2”


Nicola Zuin, docente precario, coordinatore SGST



organizza: