Annunci GratuitiForum Gratisphp nuke GratisBlog GratuitoAlbum Gratuito
Per comunicare con Equilibrio Precario e con i suoi lettori,
per iscriverti, proporre, informare, chiedere, rispondere, suggerire, criticare, dire, fare, baciare...
scrivi a precari.trentini@gmail.com


domenica 12 settembre 2010

io, prof. precario nella scuola triste

il Trentino, 10 settembre 2010

Caro direttore, in occasione dell’inizio dell’anno scolastico vorrei raccontarle una storia. Vera. C’è un professore trentino, precario, che ha poco più di trent’anni. Possiede due lauree e una specializzazione. E’ inoltre abilitato alla professione e in nove anni si è trovato a insegnare a molte persone: dai figli disperati della Trento bene dei centri di recupero anni scolastici, fino ai liceali di alta montagna. Pur di rispettare la continuità didattica e non penalizzare la “sua” classe, qualche anno fa ha rinunciato ad una cattedra che gli avrebbe consentito di fare un balzo in avanti in graduatoria. Perché crede che il rispetto verso gli studenti valga più dell’interesse economico personale. In questi anni non ha mai ricevuto un richiamo, a fronte di molti complimenti. Ma adesso ha minime possibilità di lavorare.
Quel professore, se incontrasse il governatore Dellai e l’assessore Dalmaso, chiederebbe loro quale presunzione li abbia portati a spacciare per “riforma scolastica” qualche misera norma che alla fine ha soltanto tagliato ore e cattedre e che non ha minimamente scalfito l’impianto vecchio e vetusto della scuola. Chiederebbe loro, inoltre, se si sentono orgogliosi di essere complici di una scuola che assomiglia sempre più ad centro di rieducazione, dove ci si stringe quasi in trenta in una classe e dove è difficile lavorare sulla qualità, perché per farlo bisognerebbe spendere e non tagliare sul personale.
Quel professore, se incontrasse i rappresentanti sindacali, chiederebbe loro perché abbiano abbandonato i precari al loro destino e perché non si siano mai impegnati per costruire un sistema che privilegi il merito, invece della piatta anzianità.
Quel professore, se incontrasse i propri colleghi di ruolo, chiederebbe loro cosa li porti, come avidi sciacalli, ad accettare carichi di orari superiori alla norma, penalizzando di fatto i precari, per poi piangere lacrime di coccodrillo e stringere mani di circostanza.
Quel professore, se incontrasse alcuni colleghi precari, chiederebbe loro per quale ragione si prestino a pagare corsi farsa di (presunto) aggiornamento, solo per avere qualche punto in più in graduatoria e condannare all’inferno chi, eticamente, non accetta di comprarsi i titoli.
Quel professore, se incontrasse i genitori degli studenti, chiederebbe loro per quale motivo non facciano obiezione di coscienza, rifiutandosi di iscrivere i propri figli ad una scuola che tira a campare, che non investe nella qualità (umana), ma è lasciata tristemente al suo destino.
Quel professore, se incontrasse il cosiddetto uomo della strada, gli chiederebbe conto del suo qualunquismo per cui gli insegnanti sono tutti dei “fancazzisti” e lo inviterebbe a riflettere che i danni di un sistema scolastico precario alla fine li paga lui, tramite i suoi figli.
Quel professore, se incontrasse alcuni giovani appena diplomatisi e desiderosi di iscriversi all’università, chiederebbe loro se valga la pena studiare in un Paese che non merita gente acculturata, ma solo utili idioti.
Quel professore, se incontrasse i suoi vecchi studenti, non porrebbe loro alcuna domanda. Anzi, li inviterebbe a farne, e tante. Finché qualcuno non risponderà.
Quel professore, come tanti altri, rischia di non poter più svolgere il lavoro per cui si è preparato e nel quale riesce bene, perché, da noi, i meriti non contano e i soldi si investono soltanto nei mattoni degli amici o dei grandi elettori.
Quel professore (che sono io) ha ancora una domanda da rivolgere a tutti: è giusto?